
I divertenti aneddoti di chi ha deciso di tradurre dall’arabo e dal cinese: mondi diversi, stesso imbarazzo!
Mentre chiacchiero con Claudia La Barbera, salta fuori che ci sentiamo molto vicine rispetto alle motivazioni che ci hanno spinto tanti anni fa a studiare queste lingue strane, io il cinese e lei l’arabo, e quanto i nostri percorsi siano stati simili nel portarci a vivere situazioni assurde, o estremamente imbarazzanti.
Di solito quando parliamo con le persone la prima domanda è sempre “come mai questa lingua così particolare?!” mentre ti guardano con gli occhi sgranati di tua nonna che non comprende come mai alla tua età non hai ancora 4 figli e un marito a cui cucinare pastasciutta.
Claudia mi dice “Quando me lo chiedevano vent’anni fa avevo mille romantiche ragioni.
Uno degli argomenti vincenti era che il mondo non può essere diviso in Occidente buono, illuminista e democratico e Oriente cattivo, irrazionale tirannico – come ci insegnano al Liceo classico – le cose sono più complesse e io voglio conoscere l’altra prospettiva. Il tutto condito con retorica, saccenza e snobbismo giovane.
Il motivo vero era molto semplice: i miei non mi davano la macchina.
Diciotto anni, patente e no macchina. E allora vado via, lontano, per studio eh, non si può dir di no allo studio. Prima in Iran, per studiare il farsi. Poi Egitto per l’arabo.
Non così lontano e non così esotico, i miei nonni erano italiani di Libia, di arabi ho sempre sentito parlare. Ho fatto l’intrepida con poco.”
Che dire! Sulla romanticheria ci siamo, sul desiderio di fuga anche, sulla familiarità con la lingua decisamente meno ma posso confermare che a fare gli intrepidi a vent’anni ci vuole davvero poco!
Dico Cla, ma anche tu ti sei ritrovata a vivere situazioni imbarazzanti legate alla scelta di studiare l’arabo? No, perché io da quando ho iniziato ho vissuto delle esperienze assurde, che se avessi studiato scienze politiche forse avrei potuto evitare, ecco.
La mia è una domanda retorica: Claudia ha un elenco di parabole che manco nel Vangelo.
“Episodio imbarazzante 1:
Primo viaggio serio in solitaria, sei mesi in Iran: passaporto, bagagli, vocabolari, aereo… sono pronta. Decollo! Emozione… Passaporto, eccolo qua. Marsupio… il marsupio… il ma… ho dimenticato il marsupio in macchina, con portafoglio, soldi, cellulare nuovo NEC (ah, il NEC, preistoria!)…
Approfitto delle ore di viaggio per quantificare la mia testa di minchia da 1 a 10.
Arrivo a Teheran, grande emozione! La signorina che controlla i bagagli mi guarda:
– Qualcosa da dichiarare?
– Ho dimenticato il marsupio, sono a Teheran e non ho una lira.
– Benvenuta.”
Nooo, ma che ansia!!! Essere all’estero, fuori dall’europea concezione di mondo che abbiamo noi e ritrovarsi senza niente è una sensazione che conosco.
Ero a Pechino da poco, dovevo partire per un viaggio avventuroso verso Chengdu: sveglia alle 6.30 colazione cinese con cipolle bollite e uova. FAME.
Non si mangia nulla e si parte anzi, si doveva partire alle 7 e si parte alle 9 perché due vietnamiti non si svegliano e fanno perdere tempo a tutto il gruppo ad aspettarli…ed aspettarli…ed aspettarli. Sento gli americani parlare di vietcong e mi blocco a fissare il giardino di sassi in stile feng shui poco distante da noi, aggrotto le sopracciglia immaginando come poteva essere quella guerra negli anni ’60 e come io avrei vissuto se fossi nata in quegli anni. Risposta: a fiori. Anzi sai cosa? Ma di che mi lamento tanto, ho voluto fare il viaggio avventuroso faccio tanto la ribelle e poi mi lamento che devo dormire scomoda e che non si mangia bene… altro che fiori, sarei stata una stupida viziata e ignorante che apprezza solo il suo paese e le sue usanze perché sono le sue. Come gli italiani che cercano le pizzerie in Cina. Cazzo sei in Cina, mangia cinese. No, penso, questa non me la dovevi dire, io sono a fiori, e dormirò su letti scomodi e mangerò il loro cibo piccante e mi piacerà. Mi chiamano, il sogno si interrompe e torno nel mondo vivo. Gli americani mi stanno sulle balle, i vietnamiti sono arrivati e possiamo partire con quello scassone di treno a carbone. Datemi quel dannato uovo, sarà un lungo viaggio!
Che poi Cla, l’arte di arrangiarsi certe volte può salvarti anche da situazioni potenzialmente pericolose, in Cina quasi sempre ho evitato di passare un certe zone o di esprimere pareri poco accettati da una determinata cultura, ma tu sicuramente hai rischiato di più?! E Claudia mi racconta il suo episodio imbarazzante 2:
“Il Cairo. E’ venerdì, unico giorno libero dalla scuola.
Io e altre due disgraziate, di cui una musulmana inglese, vogliamo visitare la Moschea Al Azhar, tra le più importanti del mondo musulmano. Andiamo la mattina presto prima che arrivino i fedeli per la preghiera del venerdì.
Molta polizia fuori. Dentro: bello, bello, foto, ecc.
Arrivano le fedeli, tante, centinaia. Siamo bloccate dentro. Cazzo.
La preghiera inizia. Che facciamo? Ci spacciamo per fedeli (tutta colpa dell’inglese!). In piedi, mani, prosternazione, bisbiglio incomprensibile per imitare gli altri, così non si dà nell’occhio. Pessima idea.
Al termine di tutto, sollevate e pronte a squagliarci, alcune signore ci fanno circoletto intorno e ci chiedono bonarie: “non siete mica musulmane, perché siete qui?” Dico loro la verità e chiedo scusa. Siamo coglione ma innocue. Si mettono a ridere e ci offrono un tè.”
Ansia vera! Ma capisci che una storia è davvero a lieto fine quando finisce con una tazza di tè!
Infatti è proprio con un bel tè e tante risate che finisce anche la mia storia di tremendo imbarazzo al mercato delle scarpe, quando dopo una lunga contrattazione riesco a concludere l’affare. Il ragazzo mi porge le scarpe e mi saluta. Senza scatola, senza una busta, cioè così: scarpe e basta. Dico mi dai una scatola?
Ma mi perdo in un cinese ancora incerto e invece che 来盒子 lai hezi (porta una scatola) me ne esco con 拉肚子 laduzi (ho la diarrea).
Il ragazzo mi guarda, si gira a guardare la madre tra le scatole, guarda la mia amica, riguarda me. La madre ha già capito: prepara un tè e lo beviamo tutti insieme, parlando di cacca e di stranieri.
Alla fine infatti è vero che ovunque nel mondo troverai solidarietà femminile, una certa empatia non so, una comprensione implicita. No, Cla?
Che te lo dico a fare: episodio imbarazzante 3.
“Yemen, Sanaa, prima della guerra.
Io e una collega andiamo in un centro commerciale per comprarci qualche bella sottoveste a buon mercato. Entriamo in un negozio che sembra “Intimissimi” un po’ più spinto e un po’ più triste.
La commessa ci fa vedere delle belle cosine (made in Turkey), ma speravamo di spendere di meno.
Spia le nostre reazioni dal suo niqab, vedendoci insoddisfatte ci fa l’occhiolino e col ditino fa come dire: “venite che v’ho capito” e ci mostra biancheria superspinta da porno shop ma con colori da circo. Desperate-porno.
Esco paonazza. Sapevo del lato porcellone della società musulmana, ma anche se sono atea provengo da una società cattolica. Io ho il peccato originale, loro no.”
Ah però! Questa non l’avrei mai pensata, eppure è un’ulteriore conferma di come tra donne ci si intenda. Anche se mi sono sentita parecchio contrariata quando dall’estetista cinese mi hanno detto che dovevo pagare il doppio perché in quanto occidentale i miei peli erano molti di più. E meno male che non ho detto che sono anche sarda, altrimenti avrei dovuto pagare il triplo!
Cla, ma dimmi la verità, chi ce lo ha fatto fare a intraprendere questa carriera, che poi noi abbiamo studiato tanto e siamo delle professioniste e dobbiamo ancora sentirci dire cose tipo “ah, parli cinese?! CINCIULLà! ARIGATò! MI SCRIVI IL NOME?!”
Dai dimmi come fai a fronteggiare queste quotidiane vessazioni. Ti prego.
“A volte basta avere le parole-chiave giuste:
– Che hai studiato? Arabo?
– Sì.
– Ma che sei “islamica”?
– No, sono atea.
– Ah. E allora perché hai studiato l’arabo?
– Boh… arabi… petrolio… soldi…
– Giusto, brava, sei intelligente.
– Grazie.”
Che grande saggezza, grazie Cla! E quanto fa bene sapere di non essere sole, e di non esserlo mai state… che magari mentre tu sceglievi biancheria da sexy-trapezista, io parlavo di cacca e bevevo tè coi cinesi in mezzo alle scarpe!